Descrizione Progetto
1° Giorno: Passo Valles, m 2.031 – Rifugio Giuseppe Volpi al Mulaz m 2571
Come sempre l’appuntamento per le partenze alla volta della montagna è il piazzale ex Bersaglio, e puntualmente tutti in orario ci troviamo alle 6,30 di mattina il Mercoledì primo agosto. Siamo in 9, Renato ,Franco, Rocco, Matteo, Mario, Flavio, Maurizio, Corrado e Paola l’unica ragazza del gruppo. Il morale come sempre alla partenza è alto e dopo le doverose presentazioni e un rapido controllo delle dotazioni personali partiamo con due macchine. Quindi sarà Affi, poi autostrada, Val di Fiemme, e infine il passo Valles, dove abbiamo stabilito la partenza per il Rifugio Volpi al Mulaz.Scaricati zaini e attrezzature varie, ora necessita portare un veicolo oltre il passo Rolle e parcheggiarlo in prossimità del sentiero di ritorno previsto per la Domenica successiva. Renato e Maurizio quindi partono, mentre i restanti si fanno una pausa caffè al bar del passo. Servirà quasi un’ora per questa operazione anche perché siamo in Agosto e il Passo Rolle sembra il parcheggio di un centro commerciale e si procede incolonnati sia in andata e ritorno.
Finalmente riuniti tutti insieme, si comincia a salire, e subito ci accorgiamo del peso dello zaino, nonostante tutte le attenzioni per non portare cose inutili, sembra un macigno che ti sbilancia ad ogni passo. Franco ammette di averlo pesato e dopo diverse modifiche il minimo del peso rimane sempre sui 14 kilogrammi. Già …un bel mattone!
L’itinerario per il Rif. Mulaz, conduce verso sud, e con alcune serpentine alla Forcella Venegia. Rocco già è al lavoro con la sua macchina fotografica, alla forcella abbiamo i primi scatti di gruppo. Seguiamo la cresta attraversando dei varchi (Passo Venegiotta). Qui una gruppo di cavalli pascola indisturbato, ci seguono forse sono abituati a ricevere caramelle dai vari escursionisti. Raggiungiamo infine il Passo dei Fochet di Focobon. m 2.291.
Dalla sella scendiamo per breve tratto, superiamo due passaggi esposti con attenzione: è presente una breve corda metallica. Il sentiero poi sale sempre, e attraverso conche, con qualche rimasuglio di neve; raggiungiamo quindi un piccolo spiazzo erboso. Il calore e il sole sono opprimenti necessitiamo di una sosta anche per scaricare la schiena dallo zaino. Rocco ne approfitta per fare foto al bastione roccioso che abbiamo di fronte. I segnavia, sempre evidenti, conducono attraverso avvallamenti scoscesi e piccole terrazze, poi in salita su ampi pendii di lastroni levigati dal ghiacciaio del passato, fino a raggiungere Passo Arduini. Fino ad ora il gruppo è rimasto compatto, ma alla vista del Rifugio Mulaz , immediatamente, la voglia di una birra fresca vince lo spirito di gruppo. In ordine sparso scendiamo per una lieve discesa; poi in piano, passando presso una sorgente, in pochi minuti siamo al Rifugio, posto su uno spiazzo roccioso.
Il rifugista ci accoglie con una certa indifferenza, e ci sistema nel sottotetto. Un locale adattato a camerone con una ventina di materassi messi in due file, non è il massimo ma tutto sembra curato e pulito, ci sistemiamo a ordine sparso cercando di stare a debita distanza dai russatori seriali, ……….infatti mi ritrovo da solo nel fondo del camerone!
Tornati in veranda davanti al Rifugio facciamo salotto sorseggiando la birra freschissima, e meditando di raggiungere la cima del Mulaz (m 2904). Quindi Franco, Rocco e Maurizio, con zaini alleggeriti partono alla volta della vetta, la raggiungeranno in circa 40 minuti. Noi come resto del gruppo per oggi ne abbiamo avuto abbastanza dello “zaino macigno” e riposiamo con la pelle al sole, ancora potente e caldo.
Nel frattempo dei nuvoloni neri salgono dalle valli sottostanti, non promettono nulla di buono, temiamo per gli amici del Mulaz, ma fortunatamente fanno in tempo a rientrare al rifugio, che il tempo ancora tiene.
Consumata la cena, con il menù classico da rifugio, il temporale si scatena con tutta la sua forza bruta; dal cielo scende non solo acqua ma grandine a piccoli grani per almeno un’ora abbondante, creando un effetto nevicata di almeno quindici centimetri. In mansarda (soffitta) dove siamo alloggiati, il battito continuo della grandine crea un assordante rumore sulle lamiere del tetto da rendere difficile pensare di coricarsi e pensare di dormire, in aggiunta il legno del sottotetto scarica polvere. Visto la quantità e la durata della precipitazione, ci chiediamo se l’indomani i vari passi saranno praticabili. Con questi dubbi e pensieri concludiamo la prima giornata di montagna.
2° Giorno: Rifugio Volpi – Rifugio Pedrotti m 2581
Sveglia di buon’ora al mattino per le ore 6, oggi la tappa fino al Pedrotti è abbastanza lunga. Controlliamo la situazione grandine all’esterno, fortunatamente la bianca coltre si è praticamente dissolta, lasciando sparute chiazze bianche; perciò constatiamo che non ci sarà nessun problema, anzi il cielo da segnali di apertura verso il bello, come confermano le previsioni meteo per la giornata odierna.
Normalmente la sveglia non viene digerita bene, e facce assonnate si presentano a colazione, ma tutto passa velocemente e rifocillati a dovere con una colazione non troppo fantasiosa, ci prepariamo per la partenza.
Dal rifugio ha inizio l’ardito sentiero delle Farangole. Saliamo dapprima per un breve tratto verso il Passo Mulaz (mt. 2619). Ci precede un nutrito gruppo di escursionisti, e ci accodiamo dietro, a giusta distanza. Proseguiamo uniti sotto la parete della Cima Focobon e salendo per detriti, neve e roccette raggiungiamo una corda metallica che porta al Passo delle Farangole, m 2.932. Ci imbraghiamo e risaliamo. Alla forcella attendiamo che il gruppo che ci precede cominci a scendere per breve tratto roccioso, attrezzato con corda metallica e una scala. Ne approfittiamo per fare foto e battute spiritose. Notiamo intanto che quasi nessuno del gruppo antecedente porta il casco, nonostante la pericolosa esposizione alla caduta sassi, Franco essendo davanti al nostro gruppo suggerisce a loro vivamente di mettere il casco, (visto che attaccato allo zaino non serve a nulla) e viene prontamente ascoltato. Senza problemi superiamo la ferratina e sbocchiamo nel lato destro della Val Grande, dove ci riuniamo e sostiamo per qualche minuto.
Adesso il tempo tempo si è rimesso al bello e le temperature ricominciano ad aumentare. Proseguiamo ora per una lunga esposta traversata, assistita talvolta con corde metalliche, sul fianco sinistro (orogr.) della valle, in continua leggera discesa. Difronte abbiamo in lontananza l’altopiano delle Pale con la Fradusta, in mezzo la profonda valle delle Comelle. La lunghezza del percorso mette una apatia al gruppo, ma comunque rimaniamo sempre uniti e a vista, fino alle pendici dell’altopiano, dove la tabella segnaletica con scritto” Rifugio Pedrotti” a breve riaccende gli animi; ora il sentiero diventa una specie di carrabile, tracciato in questo modo per individuare il percorso con le frequenti nebbie dell’altopiano. Finalmente il Rif. Pedrotti (m.2581) affollatissimo come sempre. Nonostante le proverbiali soste, la traversata si è svolta in 5 ore contro le quattro della relazione, ma va bene cosi, siamo in vacanza. Difronte al rifugio, non troppo lontano abbiamo la cima Rosetta, sul fianco la stazione di arrivo della funivia che sale dal col Verde. Non ancora soddisfatti, Rocco, Corrado, Maurizio e Franco salgono senza zaini, la cima suddetta completando la giornata.
Il gestore ci accoglie simpaticamente e ci indica la nostro alloggio. La stanza non è grandissima e le numerose brande che stipano il locale sono parecchio antiquate e scricchiolanti e inoltre non siamo soli ma dovremo condividere con altre persone. Per fare la doccia calda dobbiamo prendere la prenotazione e attendere il nostro turno. Rocco, da ragazzo di borgata, mi suggerisce uno stratagemma per superare la fila, ma non aderisco alla bravata e riesco ad entrare in doccia con una buona ora di attesa.
Come ormai da consuetudine verso sera si affaccia il solito temporale pomeridiano, piovendo per circa mezzora a dirotto, ma ormai da tempo siamo al coperto.
Ci possiamo accomodare a tavola in attesa della cena, il tempo passa piacevolmente facendo conversazione e scherzando tra di noi. La cena ci viene servita da una ragazza che scopriamo essere nostra compaesana; lavora in rifugio per le vacanze per pagarsi gli studi. La serata finisce con la solita partita a carte e il giro di grappe.
3° Giorno: Rifugio Pedrotti m 2581- Rifugio Pradidali m 2278
La sveglia arriva implacabile di buon mattino, e quindi colazione non a buffet, ma pane burro e marmellata, latte e caffè lungo, molto lungo. Quindi preparazione e foto di rito davanti al rifugio e partenza con il morale alto, oggi sarà la volta della cima Fradusta .
Dal rif. Pedrotti un sentiero conduce, attraverso l’Altipiano delle Pale, al Passo Pradidali Basso (m 2621). Solo una coppia mamma e figlia ci seguono, facciamo in comune lo stesso itinerario dall’aspetto lunare, fino al crocevia con le tabelle segnaletiche.
Da questo punto un dedalo di sentieri porta verso il ghiacciaio; scartata la decisione di affrontare la salita direttamente, causa gli sfasciumi evidenti per il ritiro del ghiaccio, aggiriamo e seguiamo le tracce che portano verso il crinale sinistro e individuato il sentiero tramite gli ometti di sassi proseguiamo verso la vetta della Fradusta (m 2939).
Dalla cima il panorama è totale e abbiamo la concreta visione del gruppo delle Pale che è molto più imponente di quello che si riesce a vedere dall’altopiano, specie la parte est del gruppo si rivela altrettanto maestosa, con serie di guglie e crode che danno percezione di un ambiente severo poco frequentato.
In vetta momento di relax con foto baci e abbracci. Il tempo continua ad essere bello e fa molto caldo anche a questa altitudine. Sotto di noi il ghiacciaio della Fradusta, ridottissimo con il suo torrente di fusione che si ferma in due laghetti sottostanti; nessun corso di acqua esce da questi e tramite falda avremo il torrente molto più in basso che vedremo poi creare il piccolo laghetto del Rif. Pradidali.
Scendiamo per lo stesso percorso a ritroso fino al passo della Fradusta, e quindi per sentiero scosceso ci buttiamo nel vallone sottostante; in fondo si intravede il rifugio Pradidali. La discesa è sempre ripida e con lo “zainone” pesante che martella le articolazioni conviene scendere a rilento. Quando finalmente la discesa finisce siamo al piccolo Lago Pradidali e l’omonimo rifugio è vicino, posto su una balconata a sbalzo sulla valle sottostante a m.2278.
Il gestore ci accoglie e ci assegna l’alloggio. L’aspetto generale del rifugio è buono, con la funivia di servizio per i rifornimenti e una bella veranda vetrata con vista in valle, ma delusione; tutte le bevande sono tiepide, e la tanto sospirata birra alla spina (il Sacro Grall dell’alpinista sudato e assetato) non esiste, peccato.
Il pomeriggio passa come sempre in buona compagnia tra partite a carte e scacchi per alcuni, per altri si viaggia in ciabatte attorno al rifugio nel tentativo di prendere campo con il telefono. Sopraggiunge la sera con i soliti rituali, e dopo cena, come ormai da consuetudine, la pioggia allieta il sonno serale.
4° Giorno: Rifugio Pradidali m 2278 – Rifugio Velo della Madonna m.2358
La notte passa nei migliori dei modi, cominciamo ad abituarci ai rumori e ronzii dei rifugi, e la sveglia non è più traumatica come il solito. Pertanto ci troviamo alla buonora davanti al Rifugio per la usuale foto di gruppo, passo obbligatorio da parte di Rocco.
Oggi saranno solo vie ferrate e pertanto ci avviamo verso il passo di Ball, posto a pochi minuti nel canalone superiore del rifugio. La salita ripida e improvvisa, senza il canonico riscaldamento, diventa subito fastidiosa e rimediamo con qualche breve sosta mimetizzata con foto al paesaggio oppure sistemazioni fittizie dello zaino…..
Finalmente arriviamo al passo di Ball, e il panorama si apre sul versante ovest delle Pale e delle crode che guardano la valle di Cismon. Il sentiero sale a sinistra dentro un piccolo anfiteatro roccioso che termina con un bastione; siamo all’attacco della via attrezzata Nico Gusella. La prima parte del percorso sul versante del Passo di Ball è una bella e divertente ferrata che sale per placche inclinate a sinistra del canalone sottostante la parete Sud della cima di Val di Roda m 2415. Dato il percorso relativamente breve e poco esposto, pur con tratti tecnici, è spesso affollata. Indossati gli imbraghi e i set da ferrata risaliamo con una arrampicata divertente, sostando spesso e volentieri per scatti fotografici di ricordo. Tutti risaliamo senza problemi e anche i tratti tecnici non ci creano difficoltà. Durante la salita, la mia telecamera nuova inspiegabilmente si sfila dalla custodia e con un suono orribile si “spiaccica” sulla roccia; fortunatamente la tengo sempre ancorata con un cavetto, almeno non finisce in fondo al precipizio. Con rassegnazione la raccolgo e immediatamente faccio la conta dei danni; a parte qualche graffietto sembra illesa e perfettamente funzionante, meno male.
Raggiunta la forcella “Stephen” sostiamo per goderci il panorama minacciato da un nebbione mattutino che per un pochino ci toglie la visuale. Come gruppo ci troviamo bene e le battute si sprecano. Proseguiamo in discesa per un traverso, assistito da un cavo, fino ad una selletta. Da questo punto Il sentiero precipita letteralmente nel vallone sottostante, punto di ricongiungimento della ferrata del Porton e della Ferrata della Vecchia. Adesso è visibile il “Porton” una larga apertura nel bastione roccioso fatta proprio a mo’ di portone gigantesco. Quindi proseguiamo verso il sentiero fino ad innestarsi alla ferrata del Velo in direzione del rifugio Velo della Madonna.
Sopra le nostre teste sono ben visibili gli arrampicatori su roccia, impegnati sullo spigolo del Velo. Ci fermiamo a osservare e commentare, questa splendida classica via di 4/5° grado per 430 metri di dislivello.
Quindi imbocchiamo la ferrata del Velo. Il classico percorso è molto tecnico, è parecchio frequentato, e ci insinuiamo tra canalini, camini e paretine ottimamente attrezzate con eccezionali colpi d’occhio sulle cime e sulle pareti circostanti. Essendo un percorso tecnico, la discesa diventa molto divertente e ci ripaga dei noiosi tratti di trasferimento fra una ferrata e l’altra. Battute spiritose e foto a sbalzo si sprecano, e non ci sono momenti di panico fra nessuno dei componenti del nostro gruppo e tutti ci divertiamo. l’itinerario ha come caratteristica principale il passaggio tra la rocciosa Val Pradidali e la più verde e meno selvaggia val de la Vecia.
I cavi e le scalette, talvolta a sbalzo su paretine verticali, sono ben solidi e danno fiducia rendendo la progressione sicura e divertente. Fine della ferrata, fine del divertimento, il rifugio Velo della Madonna è vicinissimo, pertanto ci togliamo l’attrezzatura e ci avviciniamo, il tempo già comincia come solito ad annuvolarsi, è il solito temporale pomeridiano, ma anche oggi riusciamo ad evitarlo.
Il resto del pomeriggio passa tranquillamente in sala giocando a carte e conversando piacevolmente tra di noi. Intanto fuori la solita pioggia chiude la giornata.
A questo punto la parte tecnica è conclusa e quindi possiamo fare il bilancio di questi quattro giorni fra le splendide Pale, a detta di tutti è stata un’esperienza positiva, specialmente per i nuovi amici, non abituati a escursioni di più giorni con la convivenza del gruppo. In questo contesto molto rilassato arriviamo alla cena serale, con i soliti rituali e sapori tipici e il grappino finale ci allieta il sonno.
5° Giorno: Rif. Velo d/ Madonna – Prati di Fosne
Questa mattina ci svegliamo abbastanza tardi, non abbiamo fretta e la colazione si dilunga oltre i normali tempi. Oggi la nostra escursione ci porterà a valle per concludere questa esperienza. La giornata promette cielo sereno e bel tempo e dopo la classica foto ricordo, partiamo in discesa per il sentiero attrezzato “Dino Buzzati” che scende alla base meridionale del Gruppo. Il percorso diventa subito ripido e soprattutto bagnato in certi punti; si scende aggrappandosi al cavo corrimano fino alla base del bastione su cui è alloggiato il rifugio. Ora il sentiero diventa piacevole e con un leggera pendenza passiamo sotto i vari contrafforti meridionali delle Pale, sotto di noi si intravede S.Martino di Castrozza.
Proseguiamo attraverso il Bosco Cimerlo e incontriamo casualmente l’unico esemplare di animale selvatico in cinque giorni, un camoscio; spaventato sparisce in un lampo. La discesa continua fino al fondovalle e incominciamo ad incontrare persone che percorrono il sentiero a ritroso. Quindi arriviamo al fondovalle. Giunti al torrente facciamo comunella attorno ad un enorme macigno, e si improvvisa una dimostrazione di “Bouldering” con tanto di foto. Subito dopo siamo su una strada forestale che attraverso malghe e prati ci porta verso i parcheggi di Prati Di Fosne m.1400.
La macchina è ancora al suo posto “integra” e mentre tutto il gruppo si accomoda al bar, per l’aperitivo io e Maurizio partiamo per il recupero vettura al passo Valles.
Questa operazione, con il traffico di Agosto al Passo Rolle ci porta via un’oretta, calcolando anche una sosta nel torrente per un bagnetto rinfrescante e un piacevole cambio di indumenti. Riuniti ancora una volta, è il momento di concludere l’avventura, come da tradizione, con un pranzo in ristorante tipico, e quindi ci affidiamo a Franco che villeggiando ormai da tempo in Val di Fiemme conosce il locale adatto.
Come di consuetudine i piaceri della tavola aiutano a socializzare e a fare considerazioni piacevoli sulle giornate trascorse insieme. Tutto finisce e dopo il proverbiale brindisi augurale di fine trekking si ritorna a casa.
Renato Busseni